la violenza domestica intrafamiliare

Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all'altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore di esse. L'accertamento di violenza domestica esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell'adozione della addebitabili, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.

 
Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione, I Sezione Civile, con l'ordinanza 31901 del 10 dicembre 201820.
La violenza domestica è il comportamento abusante di uno o entrambi i compagni in una relazione intima di coppia, quali il matrimonio e la coabitazione
 I danni nei confronti delle vittime di violenza assistita sono sottovalutati e non ci si rende conto di quanto diventi problematico il processo di sviluppo per questi bambini, che non riportano segni fisici, ma ferite psicologiche.
 
 Per violenza assistita intra-familiare si intende il maltrattamento psicologico di cui quotidianamente è vittima e spettatore il minore.
 
La Convenzione di Istanbul, sottoscritta l'11.5.2011 e ratificata dall'Italia con Legge 27.6.2013 n. 77 ha stabilito nel preambolo che: "i bambini sono vittime di violenza domestica anche in quanto testimoni di violenze all'interno della famiglia".
 I danni nei confronti delle vittime di violenza assistita sono sottovalutati e non ci si rende conto di quanto diventi problematico il processo di sviluppo per questi bambini, che non riportano segni fisici, ma ferite psicologiche.
 
La Convenzione di Istanbul, sottoscritta l'11.5.2011 e ratificata dall'Italia con Legge 27.6.2013 n. 77 ha stabilito nel preambolo che: "i bambini sono vittime di violenza domestica anche in quanto testimoni di violenze all'interno della famiglia".
 
Nei provvedimenti in materia dei diritti di custodia e di visita dei figli, devono sempre essere presi in considerazione gli episodi di violenza (art. 31);
inoltre l'esercizio di visita e di custodia dei figli non deve compromettere i diritti e la sicurezza della vittima di violenza e dei bambini (art. 31) e gli autori dei reati possono essere privati della responsabilità genitoriale qualora "l'interesse superiore del bambino, che può comprendere la sicurezza della vittima, non può essere garantito" in altro modo (art.45).
 La legge prevede che gli ordini di protezione contro gli abusi familiari vengano disposti quando il comportamento di uno dei coniugi o di uno dei due conviventi sia causa di grave pregiudizio per l’integrità fisica e morale o per la libertà dell’altro coniuge o convivente.
 
L’assegno viene sempre e comunque disposto dal giudice a favore del coniuge più debole economicamente, sulla sola base della differenza reddituale tra i coniugi
Finora, con fondamentali sentenze della Corte di Cassazione il parametro di riferimento – al quale rapportare l’adeguatezza o inadeguatezza dei “mezzi” del richiedente –è stato sempre il tenore di vita  avuto in costanza di matrimonio.
Di recente la Corte di Cassazione ha abolito il riferimento al “tenore di vita” quale parametro di riferimento per la determinazione dell’assegno di divorzio, sull’inequivoco principio dell’ “autoresponsabilità economica degli ex coniugi” dopo la pronuncia di divorzio.
La sentenza in esame richiama espressamente nel corpo della motivazione un'importante sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite secondo cui “lo scopo di evitare rendite parassitarie e ingiustificate proiezioni patrimoniali di un rapporto personale sciolto può essere raggiunto utilizzando in maniera prudente, in una visione ponderata e globale, tutti i criteri di quantificazione sopra descritti, che sono idonei a evitare siffatte rendite ingiustificate, nonché a responsabilizzare il coniuge che pretende l’assegno, imponendogli di attivarsi per realizzare la propria personalità, nella nuova autonomia di vita, alla stregua di un criterio di dignità sociale

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